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Dialoghi - Chat 4: creature unicellulari e visionarie


     Penso che l'ispirazione che traccia il destino inizi sin da piccoli. Quando avevo tre anni, andavo con mio nonno a cercare fossili in Francia. Lì già mi ponevo delle domande. Per me era una meraviglia. Qualcuno, tempo fa, mi ha chiesto perché ho scelto di fare l'analista e io ho risposto: «Perché mio nonno mi portava a cercare fossili». È vero, perché ho iniziato a immaginare tutta una storia di sedimentazione geologica antichissima e la cosa interessante era andare a cercare in fondo, dove la vita cominciava; questi fossili erano segni di vita che si era deposi- tata e che raccontava storie meravigliose, che mio nonno mi faceva scoprire. Quando avevo quindici anni volevo fare il geologo, poi l'archeologo, poi lo psicoanalista. Mi interessava la psiche che si nascondeva nella materia. La cerva bianca sollecita la psiche a seguirla, suscita passione, desiderio, curiosità, ener- gia, interesse, diventa imprescindibile e ti chiama, anche se non la riconosci bene.


      È l'idea centrale di Edgar Morin: l'individuo non nasce con la nostra specie, ma con la nascita sul nostro pianeta dell'organizzazione del vivente. Se vogliamo quindi conoscere la nostra specifica soggettività, dobbiamo saper incontrare l'emergere di una storia molto più antica (i fossili che cercavi con tuo nonno). La nostra parentela con ogni creatura vivente, anche la più elementare unicellulare, sembrerebbe definire la nostra specifica soggettività di creature visionarie, sociali e autoriflessive.


© Ivan Paterlini

Da Dialoghi, (2021) MAGI edizioni, pagina 178 

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