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La musica e la cura

Molti scienziati provenienti da discipline distanti tra loro, si sono messi a studiare il cervello durante l'ascolto dei neonati, degli adolescenti, degli adulti, degli animali a cui viene proposta musica di diverso genere. Ognuno sta cercando di definire la propria tesi al fine di capire qualcosa di più sull'esistenza e sul significato della musica. Resta però l'incertezza di come si possano misurare le emozioni o i ricordi acustici di una storia biografica soggettiva fatta di memorie sonore a partire dai primi suoni e ritmi cardiaci presenti durante la gravidanza; si potrebbe parlare della ricerca di una musica incarnata o implicita. Silvia Bencivelli scrive, nel suo approfondito studio sulla musica e l'evoluzione, che nel dicembre del 2004, dalle pagine della rivista Archäologisches Korrespondenzblatt, "l'archeologo tedesco Nicholas Conrad annunciò di aver trovato uno strano utensile di avorio lungo circa 18 centimetri, mentre lavorava agli scavi di Geissenklösterle sui monti della Svevia. Si trattava di un oggetto spezzato in trentun frammenti, con un'età stimata tra i 30.000 e i 37.000 anni, ricavato dalla zanna di un mammut. Conrad lo aveva pazientemente ricostruito e alla fine, con grande emozione, si era trovato in mano un bellissimo flauto".

Anche se non tutti gli scienziati evoluzionisti sono d'accordo, nel 1871 Charles Darwin dà una spiegazione sul perché la musica sia cosi antica e sia rimasta viva nel corso dell'evoluzione. A partire dalla proverbiale selezione sessuale, sembrerebbe appartenere ad una capacità usata per il corteggiamento e per esprimere emozioni complesse, altrimenti inesprimibili. Per Darwin l'emissione di suoni avrebbe preceduto la comparsa del linguaggio e l'evoluzione sessuale avrebbe rinforzato le capacità musicali dei nostri antenati trasformandole in un genere comunicativo a sé.1 I racconti cosmogonici, che sono miti di come l'umanità si è raccontata la creazione del mondo per dare un senso alla vita, molto prima delle teorie evoluzioniste suggerirono che la nascita del suono si anteponesse alla nascita del mondo. Nella cultura mitologica indiana, il suono nasce per dare ordine. Nella mitologia egizia, il re quando creava il mondo umano doveva con un suono caratterizzare le proprie parti corporee e attraverso questo suono iniziava a creare e tutti coloro che venivano creati dovevano fare altrettanto. Nella Cabala, tutti gli atti sono preceduti da un suono. Mosè non può assolutamente vedere nulla, il mistero (potremmo dire il mondo inconscio) si manifestava attraverso suoni. Nel Nuovo Testamento, il vangelo di Giovanni inizia con la parola. "In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio". L'espressione Logos tradotta già nelle versioni latine con Verbo è un termine molto difficile perché polisemantico; esso include tutto ciò che è espresso con la voce (parola, discorso, sermone, canto, il suono della parola …), ma non solo, nel versetto 14 Giovanni scrive: "e il logos si fece carne". Quindi il logos viene racchiuso in un grumo di carne e solo così si può rendere visibile. Il suono si vede e si sente anzitutto attraverso il corpo. Il nostro sentore diventa così il nostro segreto, il nostro destino, il nostro orientamento. Sull'istinto creativo Jung comprese l'esistenza di due forme possibili del nostro pensare: il pensiero calcolante che è un processo corticale che sa soppesare parametri noti, ed il pensiero mitico che è un pensiero che fa ricorso alle arre sottocorticali legate più ai sentimenti. Le immagini poetiche sono multisensoriali e sanno innescare una realtà immaginativa. Jung passa in rassegna tutti i nostri istinti principali: fame, sessualità, attività...e poi aggiunge una forza di creare qualcosa di nuovo…definisco l'elemento creativo come un fattore psichico di natura simile all'istinto. Esso ha si una relazione intensissima con gli altri istinti, ma non si identifica con nessuno di essi.2

Nella mitologia greca si narra che quando nacque Ermes (Mercurio per i latini) fece due cose: rubò le vacche al fratello Apollo e prese una tartaruga, la sventrò e creò la Lira (la prima arpa), emblema poi di tutta una cultura apollinea e successivamente orfica. È la nascita di un certo tipo di musica. Apollo ne resta incantato e la desidera più di ogni cosa ed Ermes gliela lascia in cambio del bastone magico con cui può addormentare uomini e animali e rendere invisibili le cose del mondo. Con Apollo si parla della luce e della chiarezza di un progetto, di una coscienza solare, di qualcosa che ha una traiettoria, di una finalità dirimente e discriminativa. Apollo impersonifica l'arte, ma solo un certo tipo d'arte: quella apollinea. Come spesso accade nell'analisi biografica di ogni singola vita, l'albero genealogico ci aiuta a capire meglio: uno dei due figli di Apollo, Esculapio, è il dio della medicina. Già all'inizio della cultura occidentale, la musica è quindi associabile alla cura. Il suono cura! Proseguendo con l'albero genealogico, il figlio di Ermes è Pan, quindi un'altra forma di musica che ha più vicinanza con la natura, con l'istinto o con il panico dell'istinto. Con Pan, lo strumento d'eccellenza non è più la lira, ma il flauto, che incanta, seduce, annebbia e disorienta. Il Flauto di Pan sa rappresentare un altro sguardo rispetto a quello della ragione. Flauto e Lira sono polarità che si contrappongono, ma unite da una strettissima parentela fin dall'inizio della loro origine. C'è quindi un'arte capace di veicolare possibilità di organizzazione, fare ordine (pensiamo all'inizio di un concerto orchestrale quando tutti gli strumenti sia accordano,) ma c'è anche un'altra arte ad essa embricata che è quella dionisiaca, che caratterizza l'ebrezza estatica e la possibilità di abbandonarsi dentro la musica della vita. Da qui la storia antica della musica suggerisce il dipanarsi di due filoni intrecciati: il filone pitagorico e il filone orfico. Pitagora vede la musica come qualcosa di simmetrico, di armonico, di preciso e di matematico differenziandosi della cultura Orfica che vede nella musica la possibilità di attivare effetti inebrianti ed esperienze estatiche. Queste due componenti sono fortemente intrecciate in ogni vita.

Come la parola Musica nell'antica Grecia rappresentava un tutto formativo e non solo una parzialità legata al suono, ascoltare attivamente la musica e fare musica sembrerebbe produrre esperienze di sintesi tra polarità contrarie. Il percorso individuativo come ricerca di se stessi, è anzitutto un modo di prendersi carico e cura dei nostri conflitti, delle nostre voci contrapposte, al fine di individuare e intercettare la nota di sintesi, che sa esprimere in modo inedito l'intreccio creativo di quel conflitto. Monteverdi nel 1638 disse una cosa estremamente interessante: "i contrari sono quelli che muovono grandi eventi nell'animo nostro ed è anche il movimento che deve avere la grande musica".

Pensando a questi contrari, la musica ha passato traversie anche filosofiche estremamente difficili. Per esempio Platone, quando decide di inventarsi la propria città ideale. Nel terzo libro della Repubblica scrive che la musica va inserita perché è fondamentale, ma solo due modi, la scala frigia e la scala dorica, che sono la scala della moderazione e la scala della forza e del coraggio, annullando tutte le scale musicali che potessero far perdere la testa. Basta cambiare la successione di un suono per annullare tutta l'armonia; questo esprime la potenza che può muovere il suono nei riti dionisiaci, nei riti sciamanici o le tarantolate, dove si viene curati attraverso quel tipo di forma musicale.

Penso ad una storia vera relativa al re di Spagna. Il re di Spagna, Filippo V, è affetto da umor nero, oggi parleremmo senza esitare di depressione maggiore. Siamo nel 1737. Il medico di corte annota che al sovrano la vita gli è di peso, nulla lo interessa. La moglie italiana, Elisabetta Farnese, tenta un'ultima via terapeutica. Chiede al proprio ambasciatore di Londra di far venire a Madrid la voce più famosa del momento, Farinelli, che a 32 anni calcava le scene ed era celebre per gli effetti che suscitava. Dopo ogni suo concerto, il dono della sua voce commuoveva gli animi, li rasserenava, muoveva gli animi degli spettatori. Con la sua voce copriva quasi quattro ottave, uno strumento musicale che andava da voci tenorili a voci sovracute, utilizzando sfumature molto delicate e molto fini nel suo canto. Accetta l'incarico, a 32 anni, e non calcherà più le scene. Il problema è che il re ha un'indole anti musicale, non ama la musica. La regina allora escogita un piano per far desiderare il canto. Incarica Farinelli di passare nottetempo vicino alla camera del re cantando arie diverse, alcune note di seguito, sperando che ad un certo punto una di queste arie, oppure un momento particolare delle musiche cantate dalla voce soave, riuscisse a cogliere l'attenzione e la curiosità del re. Il 25 agosto ascolta le prime note e cinque giorni dopo il re lo nomina familiare e ammesso nell'intimità della famiglia reale. Da quel giorno in poi, per nove anni fino alla morte di re Filippo, ogni sera Farinelli da mezzanotte alle quattro del mattino si recava nella camera del re e cantava otto o nove arie, delle quali 4 sempre le stesse. Abbandona la scena senza rimpianti. In una lettera scritta successivamente a questo incarico terapeutico dirà: "Questa è la mia pace", come se l'effetto terapeutico della musica riverberasse anche sull'autore degli effetti sonori.

Questa cura però non avviene con una sola ed estemporanea esecuzione o con un unico ascolto perché sia per l'esecutore che per l'ascoltatore essa è l'espressione di "una miniatura d'eternità"3 che va esercitata e rinnovata costantemente. Per nove anni ogni sera la medicina della musica attraverso il canto di Farinelli è stata somministrata. L'esercizio sembrerebbe fondamentale per uscire ed innalzarsi sopra le strette depressive di quella stanza. Ricordiamo che ascesi è una parola che deriva dal greco askesis e askesis vuol dire semplicemente esercizio. Esercizio originariamente, come spesso ricorda Romano Madera, viene da una radice che significa "trarre fuori dal chiuso", quindi nel caso del re, uscire dalla stanza delle ripetizioni, uscire dalla stanza dei pensieri chiusi e rivolti sempre a se stessi, uscire dalla stanza verso una nuova esperienza in direzione della "trascendenza". Ma cosa significa trascendere attraverso la musica? Non significa di certo abbandonare il peso della nostra coscienza, o le sofferenze intrinseche alla natura stessa dell'esistenza. No, queste sono fantasie deliranti. Nell'ascolto, cosi come nella produzione di musica, la piccola durata della musica come "miniatura d'eternità" si manifesta nel presente insieme a tutti gli gli altri tempi del passato e del futuro. La depressione di Re Filippo lo inchiodò solo nel tempo passato, così come le ossessioni e le compulsioni colpiscono chi coattivamente resta fisso solo nel presente. Chi invece si proietta solo nel futuro diventa portatore di angosce ansiogene spesso debilitanti. Sappiamo bene dalla clinica, che la cura necessita sempre di tutti i tempi, non si può tralasciare nulla nella vita.

Come ci ricorda Oliver Sacks, l'efficacia terapeutica della musica è nota da millenni, ma solo verso la fine degli anni quaranta si affermò la sua enorme importanza, per via del gran numero di soldati che tornavano dai campi di battaglia della seconda guerra mondiale con ferite alla testa e lesioni cerebrali traumatiche o «affaticamento da battaglia» che oggi chiameremmo come disturbo post-traumatico da stress. Con questi soldati si scoprì che il loro dolore e alcune risposte fisiologiche (frequenza del polso, pressione ematica e simili) potevano essere alleviato o migliorato dall'ascolto della musica. In molti ospedali per veterani, medici e infermiere cominciarono a invitare musicisti affinché suonassero per i pazienti. Come ricorda Sacks, sembra risuonare ciò che scrisse Novalis: «Ogni malattia è un problema musicale; ogni cura è una soluzione musicale».

Ma potremmo pensare anche al parkinsonismo che è definito di solito come un «disturbo del movimento»; La testimonianza del Cardinal Martini nei sui ultimi anni di vita a Gerusalemme è una delle tante preziose riscontrabili soprattutto quando manca un flusso armonioso di movimenti, che sono invece frammentari, caratterizzati da scatti, avvii e inceppamenti. La balbuzie parkinsoniana (come quella verbale) come scrive Oliver Sacks, può rispondere molto bene al ritmo e al flusso della musica, purché la musica sia del tipo «giusto» – e il tipo giusto è unico per ciascun individuo4.

E i sogni? Come si comportano i nostri sogni notturni nei confronti dei suoni? "Irving J. Massey sottolinea che «la musica è l'unica facoltà non alterata dall'ambiente onirico; gli elementi visivi, invece, come pure quelli legati all'azione e al carattere, nonché il linguaggio, possono tutti subire modificazioni o distorsioni nel sogno». Più specificamente, «nei sogni la musica non si frammenta, non diventa caotica o incoerente, né – al momento del risveglio – decade rapidamente come le altre componenti oniriche»". (Ibidem, p.204)

Le ricerche di J. Massey sono associabili per certi versi al libro che più di altri ha cambiato la storia della psicologia del profondo: Simboli della trasformazione. Il quinto volume delle opere di C.G. Jung tradotte in italiano, parla prevalentemente dei prodromi (i pericoli di ciò che potrebbe accadere) di una malattia psicotica di una signora americana dell'Alabama, Miss Miller; l'analisi di Jung si focalizzerà sulle sue fantasie. Miss Miller ha visioni, deliri, sogni. Legge il Il paradiso perduto di Milton, il libro di Giobbe, e soprattutto un ascolto che lei attribuisce ad Handel. Queste letture le attivano un sogno e poi un poema su quel sogno. (pp 438-432) Jung lesse il poema e in un a nota scrisse che forse l'autrice voleva alludere ad Haydn e non a Handel perché Il sogno fatto da Miss Miller ha la medesima forma che si trova nell'opera "La creazione" di Haydn. Questo ci permette di dire che esistono delle forme e delle analogie che vanno oltre la nostra piccola coscienza, la nostra piccola stanza del re e pongono collegamenti tra tutti gli umani estremamente importanti, mettendoci in connessione con l'anima del mondo. Ascolto della musica di Haydn sul sogno di Miss Miller, che rimane dormiente fino a che non subentra un elemento scatenante nel sogno, il canto di un marinaio sul mare. È importante notare come tutto l'Inno al Creatore rifletta in modo preciso gli schemi che Haydn ha nel suo oratorio, che è la forma musicale sui Testi Sacri non liturgici, una composizione vocale e strumentale che non era destinata alla liturgia ma ad essere eseguita in forma non scenica, senza attori, puramente cantata o strumentata. Nella Vienna di Haydn era lo spettacolo favorito durante la chiusura delle attività teatrali o in Quaresima. Quello che ha incuriosito anche Jung è il punto di partenza dell'inno di Miss Miller. Il primo atto creativo è relativo al suono, mentre in tutte le cosmogonie il primo atto è sì sonoro, ma si produce qualcosa d'altro, per esempio la luce. Nella creazione di Haydn il primo atto creativo è dipinto con toni molto contrastanti e molto accentuati. Haydn rappresenta in modo evidente il fatto che dal caos privo di connessione, privo di armonia (in cui avanzano diversi elementi non ordinati ) ad un certo punto l'intervento dello stesso spirito creatore determina un ordine, che è di tipo musicale. Dove prima c'era un succedersi di istanti non ordinati, ad un certo punto interviene il tempo e la successione regolare degli accenti. Dove prima c'era un magma armonico e dove non era definito il passaggio da una tonalità all'altra, ad un certo punto si afferma la tonalità di base, il do maggiore, la tonalità più semplice, più chiara, la più solare, la più evidente. Dove prima c'era un fraseggio irregolare e le frasi erano spezzate, non riconoscibili, interviene un percorso melodico chiaro e distinto. La sfida di Haydn è come ordinare musicalmente prima che accada qualcosa. Sceglie di mostrare un insieme caotico, dove gli elementi non sono ancora uniti tra di loro, e sceglie di accentuare il tono patetico, come se l'universo soffrisse le doglie del parto prima di essere universo.

Un ordine appassionato.

Il poema onirico che scrive Miss Miller si conclude in questo modo:

Quando l'Eterno creò l'amore,

Miriadi di cuori ebbero vita

Orecchie ricolme di musica, occhi ricolmi di luce,

Cuori traboccanti d'amore celebrarono;

"Ogni gloria ad Dio dell'amore"

(Jung, Op.vol 5, p.440)

1 Bencivelli, S., Perché ci piace la musica. Orecchio, emozione, evoluzione, Galápagos, pp.9-10 Sironi Editore

2 Si veda C. G. Jung, Opere. Vol. 10/1: Civiltà in transizione: il periodo fra le due guerre. Psicologia e poesia

3 Jeanne Hersch, tempo e musica, Baldini e Castoldi

4 Sacks, O. , Musicofilia, Adelphi, Italian Edition, p.183


"Anatomia di una caduta"
L'opera in vita...07